Perchè un cane primitivo ?
I cani "primitivi" africani sono lupoidi non molto grandi e leggeri. Non derivano dal lupo nordico ma da un "padre" africano chiamato dagli indigeni Karebu' (cane delle selve).
Vengono accomunati agli Spitz solo perchè, nel tempo, come questi, hanno subito minime variazioni. Lo zoologo Alfred E. Brehm diede il nome di CANIS LUPUS SIMENSIS al loro capostipite trovandone l'origine nel Kordofan a ovest del Nilo Bianco. Dal progenitore si sono differenziati i BASENJI (nella zona delle piramidi e del Congo-Zambia) e i CANAAN DOG (Israele). Resta comunque un alone di mistero sulle origini e sulla lunga storia dei Basenji tale da renderli, se possibile, ancora più affascinanti.
Qual'è il collegamento fra i disegni di cani sulla piramide di Cheope e i cani trovati dagli esploratori alla fine del secolo scorso nel centro Africa?
Per oltre 8.000 anni il basenji si è evoluto a fianco dell' uomo ma mai sotto il suo dominio, ecco perchè lo tratta come un "collega": ogni esemplare può permettersi una varietà di comportamenti e una personalità tanto unica da essere quasi "umana".
In Congo il Basenji era il cane da caccia dei Pigmei; sembra proprio che il nome della razza derivi da quello di una di queste tribù: i Beshingis. Apprezzato per l'eccellente vista, la velocità, la silenziosità, l'agilità e l'intelligenza nel catturare gazzelle, antilopi e piccola selvaggina ma anche coraggioso aiuto nellle battute per stanare leoni. Le femmine piu' anziane, pulite e premurose, restavano nel villaggio ad aiutare ad accudire i bambini più piccoli degli amici umani.
L'esordio di questa razza in Europa è del 1895 ma la prima coppia morì quasi subito di cimurro. Solo nel 1937 alcuni esemplari importati in Gran Bretagna al Cruft's show ,con l'aiuto della signora O.Burn, BONGO OF BLEAN e KOKOTO OF BLEAN divennero i capostipiti della razza nel Regno Unito. Dopo appena quattro anni fu fondato il primo "Club del Basenji" riconosciuto dal Kennel Club (corrisonde all'ENCI in Gran Bretagna); contemporaneamente sbarcavano in America dove oggi sono una razza conosciuta ed appezzata.
I Basenji arrivarono in Francia nel 1966 ma rimasero "una curiosità" fino al 1990 quando vennero definiti gli standard e il gruppo di appartenenza per le esposizioni. In Italia la diffusione è molto limitata. Questi "vecchi amici" sono praticamente sconosciuti alla maggior parte della popolazione "cinofila".
Luisa
In Africa
Facendo ricerca in Internet molto materiale è in inglese e quindi non accessibile a tutti.
Ecco perchè è nata l'idea di tradurre i racconti di alcune spedizioni in Africa, fatte ai giorni nostri.
Grazie per l'ennesima volta a Laura per la traduzione.
Luisa
Vivere con i Basenji nello Zaire
un’ intervista ad Ann Roche
Un’appassionata amante e allevatrice di Basenji americana incontra una persona che ha avuto un’ “esperienza Basenji” molto ravvicinata, Ann Roche, e spinta dalla gioia e da un’ immensa curiosità le fa raccontare la sua avventura.
Ann Roche ha vissuto quasi quattro anni come volontaria dei Peace Corps in una loro remota sezione dello Zaire (il cuore della patria dei Basenji), dal 1979 al 1983. Ha poi lavorato sempre qui un altro anno per corporazioni sullo sviluppo, è ritornata negli States e infine è stata altri due anni, dal 1985 al 1987, non solo nello Zaire ma in altre regioni limitrofe sempre per associazioni volontarie.
Ann ha viaggiato per tutto lo Zaire, ma la maggior parte del suo tempo l’ha trascorso stando a Mikwi,nella regione Bandundu. La città più vicina era a 190 km. e la più vicina missione Belga (lo Zaire è il Congo belga, ndr.) stava a Djuma, a circa 60 km. di distanza.
I basenji erano ovunque nella zona. In un villaggio nativo con una media di 120 persone, c’erano circa 50 Basenji che gironzolavano liberi nelle fattorie del villaggio. Una media fattoria o famiglia di cacciatori poteva avere tra 8 e 12 Basenji che vivevano con loro in piccoli branchi.
Ann dice che non c’erano mai serie lotte. Capitavano un buon numero di spintonate e di corpo a corpo ma alla fine tutti sembravano per lo più stare nei loro posti entro il branco, che era solitamente comandato da un forte maschio-alpha.
Ann ipotizzava che la mancanza di serie lotte potesse esser dovuta al fatto che i cani stavano tutti liberi e non si ammassavano. A volte un piccolo litigio poteva scoppiare a causa del cibo, con la preda che veniva solitamente raccolta da un terzo Basenji che non aveva partecipato alla lotta. I maschi si accoppiavano con molte femmine, non c’era un comportamento di accoppiamento preciso.
Durante i suoi viaggi Ann ha trovato Basenji indigeni al nord, centro e ad ovest nello Zaire. Invece non ne ha visti ad Est. Ne ha anche visti in Congo, vicino Brazzaville.
I Basenji nativi della zona in cui ha vissuto Ann, a Mikwi, avevano una coda riccia più alta, erano anche leggermente più alti e magri, avevano ossa più fini e sembravano più lunghi, con musi più sottili e teste leggermente più ampie nella zona degli occhi rispetto ai Basenji che aveva visto alle mostre americane. A parte queste differenze i colori, e le altre caratteristiche generali erano le stesse.
I Basenji africani saltavano come capre con tutte e quattro le zampe che si staccavano dal terreno simultaneamente. Tutti potevano esprimersi con lo yodel ma non lo facevano spesso. Lei non ricorda di averli mai sentiti ululare. Inoltre scodinzolavano quando felici e non sembravano preoccuparsi della pioggia (forse perché stavano fuori sempre), ma non amavano il vento forte.
Secondo Ann i Basenji nativi erano intelligenti, curiosi e spavaldi durante la caccia. Però potevano essere intimoriti o spaventarsi soprattutto se un umano mostrava loro forte dominanza o disciplina (di solito qualcuno che brandiva contro di loro un bastone o gli urlava contro perché stavano rubando cibo). Un Basenji davvero spaventato spariva letteralmente sotto le foglie, stando fermo come morto, senza muovere un muscolo per lungo tempo. Se lo prendevi in braccio ritornava vivo. Secondo Ann questi Basenji preferivano le donne, forse perchè gli uomini gli sembravano troppo dominanti.
I Basenji erano usati per cacciare dalla famiglie di cacciatori dei villaggi locali. Erano allevati a scopo prettamente utilitaristico, come animali da lavoro in branchi, come i branchi di capre che i nativi tenevano con loro. Li davano solo poco cibo di supplemento, la maggior parte del quale poi potevano tranquillamente rubare. La loro risorsa primaria erano infatti topi o altri roditori, larve e scarafaggi che venivano cacciati di notte mentre i padroni dormivano.
I Basenji infatti dormivano fuori ed erano molto magri e tenuti in cattive condizioni a causa della scarsa nutrizione e dei parassiti interni ed esterni che avevano. Un tipico primo parto poteva avere un solo cucciolo, parti successivi avevano anche tre cuccioli che però le venivano presi dagli umani (non specifica per fare cosa, io ho capito per mangiarli ndr.) perché la madre non riusciva a nutrire più di un cucciolo.
Ann ha visto centinaia di Basenji durante il suo soggiorno nello Zaire. I colori andavano dal biondo chiaro al rosso scuro con molte parti bianche. Ha visto solo quattro o cinque esemplari bianchi e nessun tigrato o tricolore, ma aveva sentito storie di Basenji tricolori visti in altre regioni. La vita media di un Basenji nativo era di 6-7 anni, con queste condizioni (basti pensare che per gli umani era di 40).
Il sistema del baratto era molto usato nello Zaire e Ann ha potuto prendere i 6 Basenji che vivevano con lei scambiando le sue capre con loro nei villaggi vicini. E’ anche riuscita ad addestrare uno di questi Basenji e una volta ha mostrato ad un capo della regione come riusciva a farlo muovere e poi fermare per varie volte. Il capo rimanendo sconcertato le disse che probabilmente quel cane era un antenato morto di Ann per via del fatto che la ascoltava e le obbediva così bene.
Ann addestrava i suoi Basenji con delle ricompense e si è accorta di come siano cani molto legati al contatto visivo al punto che puoi farli cambiare comportamento solo guardandoli in un certo modo.
Essendo Basenji, questi suoi 6 cani cercavano in tutti i modi di infilarsi con lei nel suo letto di bamboo di notte. Lei aveva anche un gatto che usava dormirle vicino al cuscino, così al buio era impossibile capire chi stava dormendo nel letto, così a turno i Basenji riuscivano a infilarsi tutti nel letto, a volte spintonandosi per raggiungere la posizione migliore vicino al cuscino. Alla fine lei ha rinunciato ad opporsi e gli lasciava dormire dove volevano (mi ricorda qualcosa o qualcuno….! ndr.)
Anche se questo non veniva fatto nel suo villaggio, a volte I native allevavano Basenji (e gatti) per mangiarli allo stesso modo con cui si allevavano polli, anatre e maiali. I cani più in salute e utili a lavorare venivano usati per cacciare, ma i più vecchi e inutili venivano mangiati. I nativi sapevano quanto Ann tenesse ai suoi cani e non gliene offrivano mai da mangiare quando lei li andava a trovare nei loro villaggi.
Durante la stagione secca i cacciatori usavano i Basenji per prendere piccole prede e roditori. Il terreno secco veniva fatto bruciare e appena i roditori e gli altri piccoli animali come i porcospini venivano fuori i Basenji si gettavano su di loro e li tenevano fermi per non farli scappare. Alcuni li lanciavano in aria e li mangiavano, altri li portavano ai loro padroni.
I Basenji erano anche usati per cacciare le antilopi. I Basenji dovevano stanarle fuori dai loro nascondigli e mandarle in direzione dei cacciatori che poi gli sparavano.
Alcuni nativi legavano le loro femmine di Basenji in calore fuori nella campagna per farle accoppiare con gli sciacalli. Credevano infatti che così sarebbero nati Basenji più alti e capaci di correre più veloce nell’erba alta per cacciare le antilopi (secondo Ann i Basenji puri erano invece più veloci). Questi meticci avevano code più lunghe e pelose a anche mantelli più folti rispetto ai Basenji puri. Un tipico incrocio di Basenji e sciacallo poteva iniziare ad abbaiare e poi finire per ululare. Alcune autorità credevano addirittura che i Basenji discendevano dagli sciacalli.
Per sentire dove si trovavano i Basenji durante la caccia, i nativi legavano attorno al loro collo zucche vuote con dentro gusci o noccioli di palme. Quando i gusci o i noccioli dentro la zucca sbattevano allora producevano rumore.
I nativi trattavano il loro cani esclusivamente come animali utilitaristici da caccia e non proprio come animali da compagnia. Comunque i Basenji erano di compagnia e stavano sempre attorno ai loro padroni durante il giorno. I cani non erano apertamente affezionati a nessuno, dal momento che spesso venivano rimproverati perché rubavano cibo nei villaggi (suona familiare?), quindi probabilmente non si aspettavano dell’affetto.
Ann pronunciava Basenji con l’accento sulla prima sillaba perché diceva che questo era il modo in cui era pronunciato nelle zone in cui si parla inglese. Secondo lei l’origine del “Ba” in Basenji è la forma plurale di una parola. Una forma singolare della parola Basenji sarebbe potuta essere INsenji. Basenji probabilmente è risultato essere il termine per questo tipo di cani. Dove lei viveva venivano perlate le lingue Bantu, principalmente nei dialetti Kikango e Lingala e la parola per cane ere “Mb’wa”.
Alcune storie narravano di Basenji che scalavano alberi nel nord Zaire, a Inongo, dove vissero i Pigmei. Gli alberi là comunque hanno tronchi più ampi e piatti.
Non c’erano altri tipi di cani nella zona, solo Basenji. Cani selvaggi non se ne vedevano. I pochi cani di tipo europeo si trovavano solo nelle grandi città. Gli sciacalli erano gli unici altri animali simili al cane che potavano forse diluire il gene Basenji nativo, ma Ann non ha mai tenuto d’occhio abbastanza le poche femmine di Basenji/sciacallo per ricordare quando erano fertili per fare una seconda generazione.
Ann ha raccontato una meravigliosa storia di quando ha donato uno dei suoi sei Basenji native ad una coppia di donne missionarie. Le donne pensavano che i cani avrebbero potuto tenere lontani i bambini fastidiosi che stavano sempre attorno per vedere cosa faceva la gente bianca. Tentarono invano di insegnare ai Basenji ad abbaiare, facendo gran abbaiate e sperando che i Basenji le imitassero. Un giorno sentirono abbaiare e corsero a vedere il loro Basenji che abbaiava. Era il pappagallo, che stava imitando il suono che aveva sentito. Così ora avevano un Basenji silenzioso e un pappagallo che abbaiava!
Un buon Basenji da caccia valeva decisamente di più che una moglie. Perché aiutava a prendere cibo per la famiglia.
Nemici dei Basenji erano serpenti, sciacalli affamati, gatti, a volte leoni e un animale simile a un piccolo leopardo.
Epilogo
Quando Ann ha lasciato lo Zaire ha portato con sè un incrocio
Basenji-sciacallo bianco-nero chiamata Tchotchu (pronunciato Chutch,
Tchotchu significa “vai via” nel dialetto Yansi)Il padre di Tchotchu
era uno sciacallo nero e marrone, sua madre una Basenji nativa fulva e
bianca. Nato a marzo 1982 nel villaggio di Mikwi, Tchotchu era uno dei
selezionati della cucciolata (per essere mangiati?). Ann l’ha presa a
4 giorni e l’ha cresciuto a latte in polvere.
Il primo cibo solido di Tchotchu è stato manzo in scatola e riso mischiato ad acqua. Ann la portava ovunque andasse e la teneva al caldo nelle notti freddeTchotchu aveva un rapporto molto forte con Ann. Tchotchu ha vissuto con Ann finchè la cagnolina è morta, nel 1991 a causa di un linfoma.
Ann spera di poter tornare nello Zaire prima o poi.
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